Como incontra Vienna - Versione Italiana - By Julia Allerstorfer
Como incontra Vienna. “Passo Carrabile” è uno slogan significativo per rappresentare un’esposizione presso lo spazio espositivo AREA 53 dedicata a 8 artisti italiani emergenti. Tuttavia, si potrebbe sollevare una legittima domanda riguardo le contingenze che hanno portato alll’associazione tra la città lombarda di Como, che dista circa 40 Km da Milano, e la metropoli austriaca. La fruttuosa collaborazione tra Mounty R.P. Zentara, artista e manager di AREA 53, e Fabrizio Bellanca di Como nasce da una serie di avvenimenti, accaduti casualmente in varie circostanze. La storia cominciò quando io, umile e impreparata, visitai una delle mostre di Fabrizio a Como, raggiunse il culmine con il (predisposto) incontro tra Mounty e Fabrizio a Vienna, e infine risultò in un progetto artistico oggi già realizzato: “Le stanze dell’arte”, a Como, l’estate scorsa.
Diamo un’occhiata dietro alle quinte di “Passo carrabile” ed esploriamo le singole personalità degli artisti e dei loro pezzi.
Fabrizio Bellanca, designer grafico, pittore e musicista, era combattuto nella sua carriera tra le priorità dell’informatica e quelle dell’arte: questa incompatibilità lo condusse alla fine ad uno stile compositivo intensamente astratto e spirituale. Light Wing I & II “(2009) rappresenta un esempio altamente estetico di anticonvenzionale ricerca delle proprie corde del cuore, dei propri intimi santuari e della propria nascosta esistenza psichica, tutti temi spesso affrontati nel suo lavoro. Le incisioni che effettua su lastre metalliche specchianti paiono come riflessi emozionali presentati sotto forma di motivi organici, affiancati da segni apparentemente simbolici come una mano e una stella. Attraverso l’esposizione alla luce e i riflessi, assumono un’ulteriore dimensione nello spazio reale.
Per Marco Besana, la fotografia è sia una droga che una rinuncia, sia essenza che ridondanza, un ossimoro che gli permette di concentrarsi sull’esistenza. L’opera fotografica di Besana può essere caratterizzata come un’ingegnosa combinazione tra sensibilità verso i media, invenzioni pittoriche spontanee, e punti di vista e prospettive inusuali sul soggetto. “Dentro di Testa” (2007) può essere interpretato come un’opera comica e ironica, e forse anche come un riferimento critico a quella corsa quotidiana, collettiva e superficiale, durante la quale tendiamo a perdere la testa, così che i confini tra interno ed esterno sembrano svanire.
L’architetto e artista multimediale Filippo Borella è concettualmente sofisticato, soprattutto da quando ha dato vita al cosiddetto “Studio Trickster”, dedicato allo studio della ricerca artistica nel contesto del sociale. Un ruolo centrale e necessario nel suo lavoro è occupato dall’esplorazione delle polarità che esistono tra invenzione e design, e dall’investigazione delle componenti dello spazio e delle superfici; elementi che traduce in opere personali, interattive e dai connotati scultorei. “Patch Painting” (2009) può essere considerato un lavoro che trasgredisce i media e che bersaglia il classico “Paragone” in una maniera singolare che rivela le ambiguità e prestiti dall’esterno del singolo genere.
Sperimentazione, capacità multimediali ed un talento speciale verso composizioni innovative sono caratteristiche del lavoro di Andrea Borgonovo. Pittore e curatore, utilizza materiali come legno, ferro inciso, acetato di polivinile e cemento, oltre a fotografie e tecniche miste su carta. Le sue fonti tematiche di ispirazione sono sfuggenti concezioni di identità, e anche vari interrogativi sulle realtà dell’intimità umana esplorata attarverso il lavoro di artisti come poeti, scrittori, musicisti, ecc. Il lavoro ad alto contrasto di Borgonovo (2009) sembra impregnato di un forte sottotono esistenzialista, reso manifesto dalla figura umana isolata contro lo sfondo scuro.
La rovina dell’esistenza dell’uomo e interrogativi sull’identità culturale nel contesto post-coloniale del mondo globalizzato rappresentano le preoccupazioni artistiche principali per Marco Brenna. Un individuo è architetto della propria fortuna o è solamente un giocattolo nelle mani di fatali forze superiori? Questa domanda può sorgere quando si prende in considerazione il lavoro di Brenna “Homo faber fortuna sue” (2008). L’espressione intensa del primitivo ed esotico volto, marcato da un’aria malinconica, è il risultato di un forte stile pittoresco e delle sottili colate che da esso si estendono verso il basso.
Vari dettagli, come anche tutte le condizioni fisiche e caratteristiche di molte strade italiane, costituiscono l’esteso complesso tematico dell’opera di Enrico Cazzaniga. L’artista stesso ha affermato che la sua vecchia Range Rover, sua “compagna” in tutti i viaggi, ha giocato un ruolo centrale in queste opere. Nell’esposizione si può vedere il veicolo in un video. Il lavoro “Fuori strada” (2009) si focalizza su una sezione di un attraversamento pedonale che può essere visto sotto forma di particelle bianche e nere di asfalto incollate su una piastra di alluminio. Questo pezzo suggerisce chiari collegamenti con la pittura minimalista.
Il “Riciclaggio”, ovvero la trasformazione creativa di scarti metallici in oggetti dall’alto valore artistico, contraddistingue lo stile del lavoro del giovane scultore Matteo Galvano. Numerosi schizzi a penna costituiscono la base per le sue costruzioni, che caratterizzate da tratti animali o antropomorfi, vengono create con scorie meccaniche ritrovate. Questo processo di trasformazione può essere inteso come il marchio di fabbrica di Galvano, ed è impiegato nella sua opera “Bufalo” (2009): come risultato dell’assemblaggio di varie componenti di un motore, nasce un nuovo, animalesco, amico quadrupede.
Infine, di particolare interesse è la posizione artistica di Simona Muzzeddu presentata nella mostra “Passo carrabile”. La sua carriera è contraddistinta da una continua e regolare ricerca di espressione. L’ossessione delle bambole ha una lunga tradizione nella fotografia; basti pensare al lavoro di Hans Bellmer o Cindy Sherman. Nel pezzo di Muzzeddu, un burattino viene presentato come un oggetto sporco, le braccia distese, sproporzionati occhi azzurri e un sorriso infantile, disteso su un mucchio di immondizia. L’osservatore è portato a sensazioni incerte: questo giocattolo sostituisce un essere vivo fatto di carne e ossa, oppure è soltanto un oggetto sintetico, logoro, inutile, e quindi reso spazzatura? L’artista ha trasformato l’immagine fotografica di una bambola in un esempio attivo che descrive le nostre aspettative e i nostri modelli percettivi in maniera polemica e tutt’altro che acritica.