Francesco Cito "Coma, vite sospese".

Francesco Cito "Coma, vite sospese".

Impressioni di una artista| Simona Muzzeddu

 

Per il nostro terzo video incontro siamo andati alla Biblioteca Civica di Sesto San Giovanni in via Dante.

La mostra organizzata dal Gruppo fotoamatori sestesi è quella del noto fotoreporter Francesco Cito dal titolo “Coma, vite sospese”.
Ma vediamo insieme chi è Francesco Cito: sicuramente è uno dei migliori fotogiornalisti italiani, conosciuto in tutto il mondo, è nato a Napoli il 5 maggio 1949, vive e lavora a Milano. A testimoniare il suo operato ci sono ben 40 anni di lavoro e per citare alcune riviste con cui ha lavorato Sunday Times Magazine, Observer, Stern, Figaro, Paris Match, Life, Epoca, Corriere della sera, Panorama.
Nel 1980 è uno dei primi reporter a raggiungere l’ Afghanistan occupato dai sovietici, percorrendo a piedi con i Mujahiddin oltre 1200 chilometri. Nel 1983 è inviato dalla rivista “Epoca” sul fronte Libanese per un reportage sul conflitto interno all’OLP tra i pro siriani di Abu Mussa e i sostenitori di Arafat. E’ l’unico fotogiornalista a documentare la caduta del campo profughi di Beddawi, ultima roccaforte di Arafat. Dal 1984 inizia il suo lavoro nei territori occupati sulle condizioni del popolo Palestinese.
Nel 1995 e nel 1996 vince il World Press Photo Contest gli conferisce il Primo premio per i servizi Matrimoni napoletani (1995) e Siena, il Palio (1996). Nel 1997 la Città di Atri gli conferisce il premio per l’impegno sulla Palestina.

Trascorre in Palestina gli anni dal 2005 al 2011, con lo scopo di raccontare la costruzione del “Muro d’Israele” e di narrare le condizioni dei bambini affetti da sordità. A seguito di questa toccante esperienza, inizia un progetto sul tema “Coma”, per raccontare le perplessità, le dinamiche e le caratteristiche delle vite rimaste in sospeso.

Per quanto mi riguarda si potrebbe scrivere un libro con tutte le vicende vissute da Cito, io l’ho sentito raccontare dal vivo l’esperienza vissuta in Afganistan negli anni 80 e credetemi quando parla ti rapisce e ti fa immaginare le sue “avventure”, mi fa pensare che Francesco è l’uomo dalle sette vite proprio come i gatti.
Ho scelto di intervistarlo proprio sulla mostra Coma perché chi mi conosce sa che ho vissuto molto da vicino questa tematica attraverso il coma di mio padre.

 

Coma, Vite sospese

I loro occhi ti guardano, sembrano scrutarti attentamente, sembrano volerti chiedere chi sei, sembrano….ma il loro, è solo buio. La scienza dice che la loro corteccia celebrale è morta. Sono figli, sono mariti, sono padri, madri, sono i tanti, vittime di incidenti stradali, da cadute dal motorino, o investiti da un pirata della strada. E ancora, pazienti che non si sono più ripresi dall’ anestesia durante un intervento chirurgico, o ancora, figli vittime di una dose eccessiva di ecstasy. Sono tanti.
Le stime dicono che le persone in stato vegetativo in Italia sono oltre tremila. Probabilmente sono molte di più, dal momento che non esiste un vero censimento. Molto spesso la loro esistenza è quasi totalmente a carico delle famiglie, lasciate sole a vivere un calvario nella speranza di un miracolo di una guarigione. Dopo centottanta giorni di tentativi di riabilitazione, di chi entra in coma, le probabilità di recupero dallo stato vegetativo, tendono a ridursi, e dopo il primo ricovero, il cinquantacinque per cento dei pazienti torna a casa, il dodici per cento viene ricoverato in una struttura protetta. Solo il tre per cento, viene accolto in una struttura di lunga degenza. Dopo un anno i numeri si perdono, ma di certo quasi tutti lasciati a se stessi, a carico delle famiglie.

Davide, figlio unico, aveva quindici anni quando fu sbalzato dal motorino. Dal coma allo stato vegetativo, è sempre stato accudito dai genitori. Una fatica morale e fisica durata venti anni, con viaggi negli Stati Uniti dal guru di turno nella speranza di una terapia che riportasse il loro figlio alla vita normale. Poi la rassegnazione ma senza mai perdere la speranza, e Davide continuamente assistito, con l’aiuto di volontari, per lavarlo, accudirlo, spostarlo per evitare le piaghe da decubito. La vita intorno a Davide ha ripreso a girare, un figlio resta un figlio sempre, e, così nonostante le condizioni, si sono festeggiati i suoi compleanni, i lunghi trasporti in un ospedale lontano per un controllo o un piccolo intervento, o la visita dal papa.
Sempre con il sorriso sulle labbra, mamma Paola ha continuato imperterrita ad accudire il suo figliolo fino alla suo trentacinquesimo anno di vita non vita, poi un’improvvisa polmonite l’ha portato via dopo vent’anni in stato vegetativo.

Cristina aveva 14 anni quando a Bologna venne falciata sulle strisce pedonali all’uscita da scuola. Da trenta vive in stato vegetativo, con il padre anziano rimasto ormai solo, il suo tempo dedicato a lei. Vorrei poter morire mezz’ora prima che accade a lei ripete Romano, anche quando con alcuni amici festeggia il suo settantaduesimo compleanno, e Cristina posta nella sua sedia a rotelle, sembra osservare a questa ricorrenza, questa quasi festa, a che la vita continui.


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