DOLLS ORPHAN

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2009

“Dolls orphan” Una triste verità; è la situazione del degrado ambientale. Passeggiando nei boschi spesso ci si imbatte in intere stanze con tanto di mobili e vestiti gettati al suolo, una visione disgustosa che interrompe bruscamente l’armonia della natura. E’ spaventoso e angosciante ciò che l’uomo riesce a distruggere e rovinare con mano propria. Mi sono ritrovata un’intera stanza di una bambina colma di giocattoli, vestiti, scarpette e quant'altro. Lo stimolo è stato immediato, come una calamita che attrae il suo pezzo di ferro … Le bambole abbandonate mi hanno dato una sensazione strana: un confine invisibile dove la realtà attraversa la fantasia, mi sembra il proseguimento nel reale di una fiaba antica, dove il tempo è riuscito a corrompere i sogni di una bambina, ma ne ha lasciato intatta la magia.. da qui il titolo di “Dolls orphan”, l’abbandono di oggetti che un tempo accompagnavano i giochi e la propria fantasia, un rifugio indispensabile per la propria infanzia. Allo stesso tempo le foto vogliono “denunciare” un fatto grave e reale sull'inquinamento di madre terra che ci continua gentilmente ad ospitare. Una terra ormai stufa e intollerante verso gli atti crudeli che solo l’uomo sa compiere, senza avere rispetto per il proprio universo.
Testo critico Julia Allerstorfer.
Di particolare interesse è la posizione artistica di Simona Muzzeddu presentata nella mostra “Passo carrabile”. 
La sua carriera è contraddistinta da una continua e regolare ricerca di espressione.
L’ossessione delle bambole ha una lunga tradizione nella fotografia; basti pensare al lavoro di Hans Bellmer o Cindy Sherman. 
Nel pezzo di Muzzeddu, un burattino viene presentato come un oggetto sporco, le braccia distese, sproporzionati occhi azzurri e un sorriso infantile, disteso su un mucchio di immondizia.
L’osservatore è portato a sensazioni incerte: questo giocattolo sostituisce un essere vivo fatto di carne e ossa, oppure è soltanto un oggetto sintetico, logoro, inutile, e quindi reso spazzatura? L’artista ha trasformato l’immagine fotografica di una bambola in un esempio attivo che descrive le nostre aspettative e i nostri modelli percettivi in maniera polemica e tutt'altro che acritica.

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